Pubblicato in: Gio, Ott 8th, 2015

“I Preti di Puglia…. Pastori che profumano di popolo”

Quali saranno i pilastri della Traccia formativa nel nuovo anno del Seminario Regio­nale di Molfetta?

Sarà essenzialmente uno: la cura della nostra umanità, che, come la Pastores dabo vobis chiede, sia libera, forte e responsabile, in vista della cura pastorale da assumere. La traccia ha un titolo evocativo: “Per far fiorire l’umano dal giardino dell’Eden al pozzo di Sicar”. L’umano non è la parte negativa di noi stessi, ma quello che noi siamo, con desideri di infinito e limiti contingenti. Il Cristo Salvatore assume i tratti della nostra umanità, li rende veri, li redime e trasfigura.

Nel formare e “costruire” i preti di domani in quale misura e in che modo vi lascia­te “influenzare” da quelle che sono le sfide sociali e culturali della modernità?

Quelle sfide non sono fuori di noi, ma dentro di noi, perché noi educatori e i seminaristi siamo persone del nostro tem­po. Questo è un bene, perché ci fa sentire compagni di strada dei nostri contemporanei; ma si può trasformare in un male se non ci sentiamo umili portatori di una “vita differente”, quella del Vangelo. La sfida più gran­de della nostra epoca, secondo quanto anche qualche studioso afferma, e quello che noi stessi verifichiamo, è la mancanza di senso della paternità, che è un rinunciare alla responsabilità propria del padre che genera, accompagna, diventa punto di riferimento e poi lascia parti­re verso il futuro i propri figli. Dobbiamo riscoprire questa di­mensione dell’umano.

Qual è il modello di prete che si attendono le Chiese pugliesi?

Quello di un “pastore che profuma di popolo”, che è pro­ prio della nostra tradizione di gente che ama l’agorà, la piaz­za, il luogo della vita e dell’in­contro. Abbiamo un modello che il Signore ha posto sul nostro cammino: don Tonino Bello; e come lui tanti presbiteri che in silenzio e lontani dai riflettori hanno vissuto questo stile. Quel prete non solo sta con la gente, ma ha mani che “grondano cri­sma”, cioè portano ovunque il profumo di Cristo.

Quali sono i fondamenti del­la formazione pastorale del futuro prete pugliese? Cre­de che sia esaustivo il “tiro­cinio” parrocchiale?

I fondamenti sono la chia­rezza dell’identità del pre­sbitero, uomo della Parola, servo della comunità, che ra­duna attorno all’Eucaristia. È una identità che dà il primato all’annuncio del Vangelo per­ché essi siano la via che porta a comprendere la bellezza e la verità dei Sacramenti. Il semi­narista costruisce il suo futuro attorno a questi due pilastri che fanno il suo essere prete. E poi una identità ecclesiale, che col­loca il presbitero nel popolo di Dio accanto agli altri presbiteri e ai laici, da considerare fratel­li e corresponsabili nella vita pastorale. Credo che il tirocinio pastorale sia un momento della formazione, anzi una verifica di come un giovane sta crescendo, ma ovviamente questa dimen­sione va messa in relazione con le qualità umane, spirituali e culturali. Non si tratta di au­mentare il tempo del tirocinio, ma di renderlo più qualificato ed armonico con tutto il resto della formazione.

Pagine a cura di Vincenzo Paticchio

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