Microfono Aperto/Presepe, una questione di identità collettiva
Come coniugarlo con i tempi moderni? Resta un momento di intimità domestica e familiare.
Quanto il presepe racconta della nostra storia, quanto ancora oggi ne abbiamo bisogno e perché? Ciò che diventa abitudine perde di considerazione, si da per scontato e non si ricorda più perché è nato. Per tale motivo, a volte, è bene fare un passo indietro. Per ricordare il valore del presepe e come si coniuga con i tempi moderni abbiamo chiesto alcuni pareri. “Negli ultimi tempi si sta correndo il rischio di confondere il presepe con un simbolo politico-ideologico, con una bandiera di partito. Il presepe invece ha a che fare con l’identità personale, individuale e collettiva. Indipendentemente dal fatto di essere cristiani o meno, il presepe ricorda l’appartenenza ad una cultura sociale e religiosa in cui ci riconosciamo”. E se poi si è anche Cattolici? “il presepe è la rappresentazione di un evento salvifico e quindi la suggestione di quell’evento, il sentirsi cioè coinvolti da esso”. Ma c’è di più. Dalle riflessioni del prof. Nicola Paparella emerge un elemento chiarissimo che, essendo sotto i nostri occhi da sempre, non riusciamo più a cogliere. Dice: “Ci sarebbe da esporre un discorso lungo e complesso sul significato del presepe, ma mi fermerei alla cosa più semplice di tutte, quella che è meno discutibile, l’annuncio degli Angeli. Seguendo la tradizione, dai nostri cartapestai è rappresentato uno striscione nelle mani di uno o più Angeli, su cui c’è scritto pace in terra agli uomini di buona volontà. Sta a dire che se non si è di buona volontà non c’è l’augurio di pace. Quando stringiamo la mano a qualcuno e gli porgiamo i nostri auguri, ecco allora quello che diciamo: ti auguro di essere un uomo di buona volontà perché solo così potrai trovare pace e ogni volta che facciamo questo stiamo rappresentando un presepe, senza bisogno di crearlo fisicamente”. Per avere la pace, dunque, non basta volerlo, ma occorre impegnarsi e il concetto viene, infatti, chiarito dopo: “Buona volontà significa volontà coerente, che è rispettosa, che sa essere interprete dei propri bisogni e di quelli degli altri. È questo quello che conta, essere di buona volontà e ho l’impressione che qualche volta questo nel presepe o nell’aria di Natale o nelle circostanze del Natale non ci sia o non ci sia pienamente”, conclude con un pò di amarezza. Secondo il catechista Bruno Lala, quella del presepe è una tradizione importantissima che ricorda la nascita del Salvatore, ma che senza la preparazione dell’Avvento resta priva di significato. “Se è solo un fatto decorativo non ha valore, alcune famiglie ‘cristiane’ fanno il presepe senza considerare la parte religiosa. Il presepe fatto nelle scuole senza accompagnarlo da una piccola manifestazione religiosa, ha anch’esso poco significato, il senso è di dare ai nostri bambini l’idea del periodo che viviamo, l’attesa della nascita, appunto”. Per Bruno ci sono, inoltre, altre motivazioni che inducono alla preparazione di un presepe. Quest’ultimo è l’espressione artistica della creatività personale, culturale e dei nostri tempi, senza dimenticare tuttavia il messaggio cristiano di fondo. Nelle sue parole: “Può essere moderno, classico, può avere tante forme, ha anche valore artistico espressivo, ricorda il momento attuale che si vive, tuttavia resta sempre come fulcro il rammento della nascita salvifica e simboleggia il valore della sacra famiglia”. Con i suoi ragazzi al catechismo Bruno affronta inevitabilmente argomenti di attualità che riguardano il rapporto con le altre religioni. È convinto che con i giovani occorre parlare e tra i suoi insegnamenti c’è “il rispetto e la libertà massima di espressione e di religione”. E il presepe? Come si colloca in tale contesto? Ci risponde: “il presepe non toglie nulla semmai dovrebbe costituire uno stimolo alla novità per chi non lo conosce, come potrebbe essere per noi una qualsiasi iniziativa di altre tradizioni”.
UN GRANDE PRESEPE A SCUOLA
L’opera dell’Istituto Comprensivo “Vittorio Bodini” di Monteroni e Arnesano, è stata realizzata completamente con materiali naturali, sughero e legno. Rappresenta il lavoro di un anno dei ragazzi ex studenti, guidati dal prof. Gustavo Leo, ed è tramandata alle attuali scolaresche che la custodiscono gelosamente e la ricompongono ogni anno vivendo insieme la memoria della Natività!
Nelle sue riflessioni don Gerardo Ippolito evidenzia che se il significato del presepe è sempre lo stesso, cioè quello di ricordare prima di tutto la nascita di Gesù, l’interesse è però diminuito rispetto al passato quando molte più famiglie si raccoglievano attorno ad esso. Il presepe è al centro della vita religiosa comunitaria, si rivela momento di spiritualità familiare e diventa occasione di catechesi: “spiegare il significato e il compito dei vari personaggi del presepe ai bambini è occasione di apprendimento per loro che ricorderanno per tutta la vita tali episodi di vita. Penso anche a tutti i momenti belli che si vivono attorno al presepe, per es. alla preghiera dell’Avvento, diventando un luogo sacro per la famiglia”. Dunque, il presepe sedimenta ricordi d’infanzia per don Gerardo, ravviva la fiamma del focolare domestico. A ciò aggiunge un’altra considerazione: “il presepe resta un elemento importante, uno di quei segni spirituali di cui abbiamo bisogno perché tangibili, poichè l’uomo necessita non solo di parole ma anche di gesti”. Il poter toccare e vedere aiuta a mantenere vivi dei “segni che parlano ed esprimono il Divino, perciò importanti”. Il suo augurio è che tali segni non vengano trascurati, bensì incentivati. Se il presepe si fa a Natale, i valori cristiani che esso suggerisce rimangono perenni: “Dicendo ciò penso anche ad altri valori che sono insiti nel presepe, quello dell’umiltà, della povertà, e che si trasmettono spiegando il presepe ai bambini, valori che oltrepassano il semplice periodo natalizio. Rinunciando alle nostre tradizioni con la scusa di rispettare quelle degli altri, rischiamo di perdere quei valori che invece dobbiamo difendere e che ci caratterizzano”. La maestra Luisa (nome di fantasia) esprime tali considerazioni sul valore che il presepe assume oggi. “Il bambino è attratto dal periodo natalizio e da tutto quello che comporta, addobbi, preparativi, festa, ma è anche opportuno insegnare quali sono i significati veri che stanno dietro a tutto questo e credo che il presepe, in tal senso, debba rappresentare qualcosa di più di un semplice soprammobile natalizio. È il nostro modo per dire agli altri: ti voglio bene, grazie di esistere!. Non c’è niente di male in questo, semmai è un gesto di apertura nei confronti del prossimo. Oggi, più che mai è necessario veicolare valori di pace, fratellanza, amore, sacrificio, concetti rivelati da un ‘bambinello’, per cui semplici e adatti anche ai bambini. Il presepe ci comunica uguaglianza. Pensiamo a quanti personaggi diversi lo popolano! A volte, chiedendoci se sia o no il caso di costruire un presepe nelle scuole, ci creiamo un falso problema. Non importa se si fa o no il presepe, l’importante è far capire ai bambini che siamo tutti uguali e che le differenze culturali ci arricchiscono. I bambini sono contenti quando possono condividere e non si sentono esclusi, se si spiega loro il perché si fa una cosa, loro l’accettano e la capiscono. Credo che si debba spiegare cosa significano certi gesti e non compierli e basta. Il resto, il rispetto, viene di conseguenza”.
Fatima Grazioli