Tempi duri per l’Informazione in Puglia
A colloquio con Bepi Martellotta da pochi giorni eletto nuovo Presidente di Assostampa Regionale.
“Oggi è sufficiente un tweet per sentirsi giornalisti e spacciare ai propri interlocutori per informazione ciò che non lo è, minando la credibilità dei media. Per questo i giornalisti combattono una difficile battaglia con i “pirati” dell’informazione, in un mercato dove molte regole sono saltate”.
Nella società odierna i mezzi di comunicazione sono sempre a portata di mano ed in continua evoluzione. Ciò tende a sminuirne l’importanza e di conseguenza a svalutare il lavoro di chi fa veicolare le informazioni.
Se si pensa poi che potrebbe bastare avere tra le mai uno smartphone per dare a chiunque la sensazione di potersi improvvisare giornalista, è semplice immaginare come svolgere questa professione possa essere diventato difficile. Scopriamo queste nuove problematiche assieme a Bepi Martellotta, Presidente dell’Assostampa Puglia.
Nel villaggio globale in cui viviamo, dove l’informazione è accessibile a chiunque ed in ogni momento, è facile essere un giornalista?
Assolutamente no. In questi anni si è scambiata la libertà di opinione, tutelata dalla Costituzione per tutti i cittadini, con la libertà di informazione: tutti si sentono, o improvvisano, giornalisti, agevolati da un accesso alla professione reso sempre più libero dall’Ordine. La realtà è che solo il lavoro accurato, la verifica rigorosa delle fonti, l’accertamento approfondito dei fatti, l’assunzione di responsabilità rispetto a terzi (i lettori, innanzitutto), magari con una testata registrata presso il tribunale e dunque soggetto riconosciuto in sede civile e penale, garantisce e tutela la professione giornalistica e la dignità di tutti i colleghi che faticosamente rappresentano questa categoria. Oggi è sufficiente un tweet o una considerazione di un qualsiasi cittadino – anche non supportata da fatti – su facebook, per sentirsi giornalisti e spacciare ai propri interlocutori per informazione ciò che non lo è, minando la credibilità dei giornali, delle tv, delle emittenti radiofoniche che in ogni piccolo comune del Paese verificano i fatti, hanno accesso alle fonti, controllano la valanga di comunicazioni che i diversi portatori d’interesse lanciano nel sistema dell’informazione. E che, per questo, combattono una difficile battaglia con i “pirati” dell’informazione, in un mercato dove molte regole sono saltate.
Quali sono i principali problemi in cui si imbattono i giornalisti pugliesi?
Purtroppo, gli stessi in cui si imbattono tutti i giornalisti italiani. Intanto la concorrenza sleale: sul mercato si offrono in tanti pur di conquistare l’ambito tesserino dell’Ordine professionale, talvolta con remunerazioni che offendono la dignità, talvolta gratuitamente. Il risultato è che per gli editori, dalla carta stampata alle emittenti tv, è diventato gioco facile attingere dall’immenso bacino di questi “invisibili”, facendoli entrare dalla porta principale nel mentre si ricacciano dalla finestra i redattori più “costosi”, quelli cioè per i quali esiste uno stipendio, un versamento previdenziale e la conseguenziale tassazione. Prepensionamenti dei redattori da un lato, gente che ha maturato esperienza e professionalità nelle redazioni, e dall’altro l’utilizzo di avvocati, idraulici, elettricisti o consulenti commerciali dediti a tutt’altra attività ma interessati al giornalismo come hobby. Ovvio che in questo esercito di professionisti di ogni dove, vi siano anche tanti colleghi che provano, da pubblicisti o lavoratori autonomi, ad entrare nel mondo del lavoro a cui dedicano la loro vita. Peccato che quel mondo, anche a causa di questa concorrenza selvaggia, sta progressivamente sparendo e non abbia più spazi di occupazione. Sino al 31 dicembre sono in vigore gli sgravi contributivi per 3 anni su ciascun assunto a tempo indeterminato: si tratta di risparmi per le aziende di circa 8mila euro l’anno, non di poco conto. Ma dei quasi 300 neo-assunti in Italia che risultano all’Inpgi, il nostro istituto di previdenza, ci risulta che la gran parte sia residente al Nord. Evidentemente, l’imprenditoria editoriale del Meridione, che pure ha beneficiato in questi anni degli aiuti dei nostri istituti di categoria per consentire gli esodi, non intende continuare ad investire nel nostro settore, tantomeno nella nuova occupazione.
La nostra regione facilita questa professione?
La nostra regione paga da un lato il sovraffollamento, dall’altro la crisi tipica delle regioni del Sud. Si contano ancora 34 emittenti tv, quante ne ha l’intero Paese della Germania, troppe per poter tutte restare sul mercato. Aspettiamo di conoscere gli esiti del bando varato dal governo e che si è chiuso il 3 dicembre scorso sulla cessione delle frequenze, che ha consentito a diverse tv in procinto di chiudere di fare cassa mettendo sul mercato la propria frequenza. Ne resteranno sei, alla fine del processo, e capiremo se ce l’avranno fatta solo le realtà più grandi e forti, o se sarà sopravvissuto chi era ad un passo dalla fine. Quanto alla carta stampata, non c’è un giornale che non sia in dichiarato stato di crisi: lo è la Gazzetta del Mezzogiorno e il dorso locale del Corriere della Sera, entrambi impegnati nel contratto di solidarietà. Altri, come Paese Nuovo e il Corriere del Giorno, entrambi nati dalla costituzione di cooperative, hanno chiuso nonostante i benefici statali ed altri ancora, penso al Nuovo Quotidiano di Lecce, sono in una lunga lista d’attesa per l’accesso ai pre-pensionamenti composta ormai da 390 giornalisti in Italia e che difficilmente verrà esaurita, non essendo stati ripristinati i fondi statali destinati agli ammortizzatori sociali nell’editoria. In questo quadro di grandi difficoltà, il sindacato conta di rispolverare dai cassetti la legge di sostegno all’editoria, approvata dall’ufficio di presidenza del consiglio regionale nella scorsa legislatura ma rimasta inattuata per assenza di fondi.