SUI PASSI DI FRANCESCO… LA CHIESA ITALIANA E LA CHIESA DI LECCE
Inviati/In poche parole il racconto dei leccesi presenti al Convegno Nazionale: sulle orme del Crocifisso Risorto.
IL CAMMINO COMUNITARIO È APPENA INIZIATO
Umanesimo della concretezza, in una Chiesa Madre, che fa sempre più esercizio del dialogo e dell’incontro. I giorni fiorentini che abbiamo vissuto come delegati al quinto Convegno Ecclesiale della Chiesa italiana sono stati almeno questo. Ma anche tanto altro, condensato nelle cinque vie che confluiscono in una unica: quella della santità. La delegazione leccese, guidata dall’arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio, ha offerto il suo contributo al Convegno, portando le esperienze della Chiesa salentina. Vescovo, sacerdoti e laici insieme, abbiamo fatto “esercizio”, ma ci siamo aperti alle “prospettive” che siamo chiamati a vivere, a partire dalla nostra Chiesa diocesana, perché il tema del Convegno – “In Gesù Cristo il Nuovo Umanesimo” – non rimanga soltanto uno slogan azzeccato. Dal 9 al 13 novembre scorso abbiamo sperimentato, in un clima di bella fraternità, la bellezza di una Chiesa in movimento, che ha il coraggio di riflettere e ridirsi i fondamentali, aggiornando approcci e linguaggi, bagnandosi di misericordia e dialogando. Con tutti. E così capita che nella maestosa bellezza fiorentina, culla dell’umanesimo culturale, quello “nuovo” in Cristo Gesù scandito da parole come uscire, abitare, annunciare, educare, trasfigurare, passa per nei fatti in concetti come incontro e sinodalità. Secondo Marcello Tempesta, “il convegno di Firenze è stata un’occasione preziosa per una presa di coscienza dell’esperienza in atto nelle nostre comunità ecclesiali e delle sfide che attendono la Chiesa italiana”. “Da questo punto di vista il cuore del convegno – ha sottolineato -, frutto di due anni di intensa preparazione secondo inedite modalità di partecipazione ‘dal basso’, è stato certamente l’incontro con il Santo Padre: Francesco ha sottolineato quanto il cattolicesimo italiano ha fatto nella storia e fa nel presente per comunicare lo sguardo all’uomo che nasce da Cristo, ma non ha mancato di spronarci ad un rinnovato e operoso impegno nel solco della ‘Evangelii Gaudium’.
A Firenze, Papa Francesco ha parlato di “umiltà, disinteresse, beatitudine”, “tre parole che – secondo Ilaria Quarta – hanno vibrato forte nella Cattedrale di Firenze”. “Tre parole che ho vissuto forte già in questi giorni nella città culla dell’Umanesimo – prosegue Ilaria -. L’umiltà, di chi non ha nulla da insegnare, ma ha detto un Sì a partecipare, a confrontarsi, a dialogare su come essere Chiesa italiana oggi. Il disinteresse, di chi prova ad accettare a essere interessato ogni giorno agli altri, senza aspettarsi nulla in cambio. La beatitudine, di chi sperimenta forte la grazia del Signore che non chiama i migliori, ma chi si lascia plasmare il cuore con povertà di spirito”. Per Carlo Potì, il convegno “è stata una grande occasione per guardarsi negli occhi, ascoltare i tanti punti di vista presenti e dialogare concretamente, con la massima sincerità e con entusiasmo. Tutti noi delegati ci siamo accostati, alle attività di ogni giorno, con l’obiettivo di dare un piccolo, personale, contributo al bene della Chiesa”. Anche Carlo parte dal Papa: “ha certamente rafforzato alcuni concetti, che sono stati espressi nei tavoli di lavoro sulle ‘cinque vie’. Così i lavori, sia nelle sessioni plenarie sia nei piccoli gruppi, sono andati avanti speditamente facendo emergere il pensiero di ciascun delegato: un tassello di un mosaico rappresentato dalle relazioni sintetiche finali.
È stato tracciato, in tal modo, un solco che la Chiesa italiana intende seguire per interpretare al meglio il cambiamento in atto: un nuovo Umanesimo che possa trovare in Gesù, nell’amore autentico e nella reciprocità il suo riferimento per l’agire in ogni campo, dalla religione al sociale, all’economia, all’istruzione, alla scienza, all’ecologia”. I giorni fiorentini sono stati “giorni di immersione nel cammino dell’essere Chiesa italiana”, commenta il giovanissimo teologo Andrea Miceli, anche lui delegato, tra i più giovani del Convegno. Abbiamo vissuto come “una comunità, un unico popolo di Dio che cerca il proprio modo di vivere la fede cristiana fino in fondo nel tempo e nella storia, in questo tempo ed in questa storia. Un popolo che percorre la strada sulle orme del Crocifisso-Risorto, fedele al suo amore che non può contraddire se stesso (2Tm 2, 13)”.“Questo amore fonda l’essere, il pensare e l’agire di tutte le membra ecclesiali, in uno stile di costante confronto, scontro e condivisione – spiega Andrea -. Proprio questa è la prospettiva che si delinea forte dentro di me: un modo di essere più che un insieme di prassi, un modo di vivere la fede oltre i confini di ogni buona pratica, che sarà conseguenza dell’incontro decisivo con Dio Padre, Figlio e Spirito”.
Salvatore Scolozzi