Pubblicato in: Gio, Nov 19th, 2015

SUI PASSI DI FRANCESCO… LA CHIESA ITALIANA E LA CHIESA DI LECCE

Inviati/In poche parole il racconto dei leccesi presenti al Convegno Nazionale: sulle orme del Crocifisso Risorto. 

IL CAMMINO COMUNITARIO È APPENA INIZIATO

Umanesimo della concretezza, in una Chiesa Madre, che fa sempre più esercizio del dia­logo e dell’incontro. I giorni fiorentini che abbiamo vissuto come delegati al quinto Con­vegno Ecclesiale della Chiesa italiana sono stati almeno questo. Ma anche tanto altro, condensato nelle cinque vie che confluiscono in una uni­ca: quella della santità. La delegazione leccese, gui­data dall’arcivescovo Dome­nico Umberto D’Ambrosio, ha offerto il suo contributo al Convegno, portando le espe­rienze della Chiesa salentina. Vescovo, sacerdoti e lai­ci insieme, abbiamo fatto “esercizio”, ma ci siamo aperti alle “prospettive” che siamo chiamati a vivere, a partire dalla nostra Chiesa diocesana, perché il tema del Convegno – “In Gesù Cristo il Nuovo Umanesimo” – non rimanga soltanto uno slogan azzeccato. Dal 9 al 13 novembre scorso abbiamo sperimentato, in un clima di bella fraternità, la bellezza di una Chiesa in mo­vimento, che ha il coraggio di riflettere e ridirsi i fondamen­tali, aggiornando approcci e linguaggi, bagnandosi di misericordia e dialogando. Con tutti. E così capita che nella maestosa bellezza fiorentina, culla dell’umanesimo cultura­le, quello “nuovo” in Cristo Gesù scandito da parole come uscire, abitare, annunciare, educare, trasfigurare, passa per nei fatti in concetti come incontro e sinodalità. Secondo Marcello Tempe­sta, “il convegno di Firenze è stata un’occasione preziosa per una presa di coscienza dell’esperienza in atto nelle nostre comunità ecclesiali e delle sfide che attendono la Chiesa italiana”. “Da questo punto di vista il cuore del convegno – ha sottolineato -, frutto di due anni di intensa preparazione secondo inedite modalità di partecipazione ‘dal basso’, è stato certamente l’incontro con il Santo Padre: France­sco ha sottolineato quanto il cattolicesimo italiano ha fatto nella storia e fa nel presente per comunicare lo sguardo all’uomo che nasce da Cristo, ma non ha mancato di spronarci ad un rinnovato e operoso impegno nel solco della ‘Evangelii Gaudium’.

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A Firenze, Papa Francesco ha parlato di “umiltà, disinteres­se, beatitudine”, “tre parole che – secondo Ilaria Quarta – hanno vibrato forte nella Cattedrale di Firenze”. “Tre parole che ho vissuto forte già in questi giorni nella città culla dell’Umanesimo – prosegue Ilaria -. L’umiltà, di chi non ha nulla da insegnare, ma ha detto un Sì a partecipare, a confrontar­si, a dialogare su come essere Chiesa italiana oggi. Il disinteresse, di chi prova ad accettare a essere interessato ogni giorno agli altri, senza aspettarsi nulla in cambio. La beatitudine, di chi spe­rimenta forte la grazia del Signore che non chiama i migliori, ma chi si lascia plasmare il cuore con povertà di spirito”. Per Carlo Potì, il convegno “è stata una grande occasione per guardarsi negli occhi, ascoltare i tanti punti di vista presenti e dialogare con­cretamente, con la massima sincerità e con entusiasmo. Tutti noi delegati ci siamo accostati, alle attività di ogni giorno, con l’obiettivo di dare un piccolo, personale, contri­buto al bene della Chiesa”. Anche Carlo parte dal Papa: “ha certamente rafforzato alcuni concetti, che sono stati espressi nei tavoli di lavoro sulle ‘cinque vie’. Così i lavori, sia nelle ses­sioni plenarie sia nei piccoli gruppi, sono andati avanti speditamente facendo emer­gere il pensiero di ciascun delegato: un tassello di un mosaico rappresentato dalle relazioni sintetiche finali.

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È stato tracciato, in tal modo, un solco che la Chiesa italiana intende seguire per interpretare al meglio il cambiamento in atto: un nuovo Umanesimo che possa trovare in Gesù, nell’amore autentico e nella reciprocità il suo riferimento per l’agire in ogni campo, dalla religio­ne al sociale, all’economia, all’istruzione, alla scienza, all’ecologia”. I giorni fiorentini sono stati “giorni di immersione nel cammino dell’essere Chie­sa italiana”, commenta il giovanissimo teologo Andrea Miceli, anche lui delegato, tra i più giovani del Convegno. Abbiamo vissuto come “una comunità, un unico popolo di Dio che cerca il proprio modo di vivere la fede cristiana fino in fondo nel tempo e nella storia, in questo tempo ed in questa storia. Un popolo che percorre la strada sulle orme del Crocifisso-Risorto, fedele al suo amore che non può contraddire se stesso (2Tm 2, 13)”.“Questo amore fonda l’esse­re, il pensare e l’agire di tutte le membra ecclesiali, in uno stile di costante confronto, scontro e condivisione – spie­ga Andrea -. Proprio questa è la prospetti­va che si delinea forte dentro di me: un modo di essere più che un insieme di prassi, un modo di vivere la fede oltre i confini di ogni buona pratica, che sarà conseguenza dell’incontro decisivo con Dio Padre, Figlio e Spirito”.

 Salvatore Scolozzi

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