Intolleranze e Allergie: le cause e i sintomi, la diagnosi e le terapie
La Nutrizionista Sonia Conte: Evitare cibi intolleranti è importante tanto quanto variare la dieta.
“La reazione allergica è una reazione immunitaria, nella quale l’organismo produce anticorpi, dovuta all’ingestione di uno specifico alimento, più precisamente delle proteine in esso contenute”.
“L’uomo è ciò che mangia”, affermava il filosofo Feuerbach, consapevole che lo stato di salute è fortemente correlato all’alimentazione. Concetto ben divulgato, ma non sempre accolto. L’attuale stile di vita, forse più globalizzato, più consumistico, ha accentuato alcune “patologie del benessere”, che hanno bisogno di precise diagnosi e cure. Già Ippocrate aveva osservato che il latte vaccino può provocare turbe gastriche, orticaria, cefalea e Lucrezio precisava “quello che per un individuo è cibo, può essere per un altro veleno”. Recenti dati, difatti, confermano un sostanziale aumento delle allergie e intolleranze alimentari, a volte confuse, segno che cibo e salute formano un binomio spesso trascurato o dimenticato. Che cosa sono, come si manifestano, come si curano. Ne parliamo con la dottoressa Sonia Conte, biologa nutrizionista.
Spesso si fa confusione tra allergie e intolleranze alimentari. Come possiamo distinguerle?
Dalla velocità con cui si manifestano: la reazione allergica per definizione è immediata e coinvolge il sistema immunitario; dal momento del contatto con la sostanza allergizzante al momento della manifestazione dei sintomi intercorrono tra i 5 e 30 minuti. L’intolleranza alimentare, invece, coinvolge il metabolismo, non il sistema immunitario.
Cos’è un’allergia?
Il termine allergia fu coniato da Von Pirquet nel 1906 per indicare l’alterata reattività dell’organismo nei confronti di sostanze generalmente innocue. Le allergie e le intolleranze alimentari fanno parte del più vasto campo delle reazioni avverse agli alimenti e, tra queste, delle reazioni di tipo non tossico.
Reazioni avverse?
Sì, l’Accademia Americana di Allergia e Immunologia ha stabilito di usare come termine onnicomprensivo quello di reazione avversa al cibo, definendo intolleranza tutti i disturbi non mediati da meccanismi immunologici e riservando il termine allergia ai disturbi mediati da meccanismi immunologici. Su questa linea l’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica introduce l’utile distinzione tra le reazioni avverse al cibo non tossiche, che dipendono dalla suscettibilità individuale e le reazioni tossiche, che dipendono dalla dose e non da una particolare suscettibilità individuale.
Cosa avviene in una reazione allergica?
È una reazione immunitaria, nella quale l’organismo produce anticorpi, dovuta all’ingestione di uno specifico alimento (più precisamente delle proteine in esso contenute). Tale reazione si esprime al primo contatto con una sostanza normalmente innocua, percepita come minaccia, l’allergene, attraverso la formazione di anticorpi specifici, che prendono il nome di immunoglobuline E (IgE). Questi anticorpi hanno il compito di difendere l’organismo da ciò che esso stesso riconosce come “non self”, cioè estraneo. In occasione di un’eventuale e successiva esposizione, a seguito della reazione fra l’alimento allergenico e l’anticorpo, si libera una sostanza, l’istamina, prin cipale responsabile dei sintomi caratteristici di tutte le reazioni allergiche.
Come possiamo riconoscerne i sintomi?
Secondo il tipo di reazione allergica, possono manifestarsi immediatamente dopo l’ingestione dell’alimento incriminato oppure a distanza di ore, indipendentemente dalla quantità di cibo ingerito e possono interessare diversi organi e apparati. Gonfiore, prurito del cavo orale e faringeo, nausea, vomito, crampi addominali, diarrea e flatulenza, reflusso gastroesofageo sono i sintomi di tipo gastrointestinale; orticaria, angioedema, dermatite atopica, rinite, asma sono sintomi di tipo cutaneo e respiratorio. A questi si possono associare cefalea, emicrania e, nei casi più gravi, shock anafilattico (brusche cadute di pressione arteriosa, perdita di coscienza e in alcuni casi morte).
Quali sono i diversi allergeni chiamati in causa?
I principali allergeni, in ordine di prevalenza, sono rappresentati da latte vaccino, frumento, uovo, arachidi e legumi, crostacei, pesce, mele e prunoidee, carne di suino, più rare le altre, molluschi di mare, frutta e verdura.
Che terapia consiglierebbe?
Oltre alla terapia farmacologica dettata dalla necessità di controllare i sintomi, specialmente quelli più gravi, come da shock anafilattico l’unica terapia dietetica di sicura efficacia è la dieta da eliminazione. Consiste nell’eliminazione di uno o più alimenti e in alcuni casi di gruppi alimentari, nei confronti dei quali sia stata accertata un’ipersensibilità, attenendosi al comandamento che in ogni caso una dieta di esclusione, specie se ristretta, è giustificata solo se la malattia è peggiore della dieta stessa.
E sulle intolleranze alimentari cosa possiamo dire?
L’etimologia del termine “intolleranza” indica l’incapacità di sopportare, di tollerare l’ingestione di un alimento o suoi componenti. La reazione che ne consegue, a differenza delle allergie alimentari, non è mediata da meccanismi immunologici ma è dose dipendente, ossia è strettamente legata alla quantità di alimenti ingeriti.
Quali sono le intolleranze alimentari?
Esistono diverse tipologie d’intolleranze alimentari. Riassumendo indichiamo quelle enzimatiche, determinate dall’incapacità, per difetti congeniti, di metabolizzare, digerire e/o assorbire alcune sostanze presenti nell’organismo. L’intolleranza enzimatica più frequente è quella al lattosio, una sostanza contenuta nel latte; un altro esempio d’intolleranza dovuta alla carenza di un enzima è il favismo, un cenno a parte merita il Morbo Celiaco. Le intolleranze farmacologiche sono determinate da un’iper-attività nei confronti di particolari sostanze presenti in alcuni cibi. Tra queste citiamo le istaminiche (formaggi, birra, cioccolato etc.), le tiraminiche (formaggi, banane, avocado etc.) anche se la classificazione scientifica è più complessa. Infine ci sono le intolleranze indefinite: la reazione può essere dovuta ad alcuni additivi aggiunti agli alimenti come coloranti, conservanti, antiossidanti, correttori di acidità, addensanti, emulsionanti e altro.
I principali sintomi?
Le intolleranze alimentari essendo dose-dipendenti si possono presentare sin dallo svezzamento, ma di solito si sviluppano come risultato di ripetute assunzioni del cibo in questione. I sintomi, legati all’accumulo tossico di sostanze non tollerate dall’organismo, in genere compaiono con un certo ritardo rispetto all’assunzione delle stesse. I sintomi più comuni sono astenia, alitosi, afte orali, aerofagia, meteorismo, difficoltà digestive, edemi. In letteratura sono riportati diversi tipi di patologie come cefalee, vertigini, coliti, diarree, infezioni delle vie urinarie, candidosi, mialgie, etc.
Quali le cause scatenanti?
Nelle intolleranze alimentari può essere riscontrata in un’alterata funzionalità intestinale determinata da diversi fattori: gastroenteriti infantili, infezioni da rotavirus, enteriti dell’adulto, coliti croniche, contaminazione del cibo per opera d’insetticidi.
Quali i test per la diagnosi?
Diversi sono i test per la diagnosi, alcuni dei quali non ufficiali perché privi di validità documentata nella letteratura scientifica internazionale ufficiale. Non appartengono a questa categoria i test sierologici anticorpali nella diagnosi di celiachia, il breath test al lattosio nella diagnosi relativa alla sua intolleranza.
Come si interviene dal punto di vista dietoterapico?
Una volta stabilita e accertata la natura della reazione avversa all’alimento/i è possibile intraprendere il relativo trattamento dietoterapico, che prevede la riduzione/eliminazione temporanea dell’alimento/i chiamato in causa. Evitare cibi intolleranti è importante tanto quanto variare la dieta; è dunque imperativa la necessità di ruotare i cibi tollerati, allo scopo sia di non creare lo sviluppo di nuove intolleranze, sia di non creare deficit nutrizionali. Sarebbe auspicabile che tali interventi venissero effettuati sotto stretto controllo di un professionista. Al termine del periodo di riduzione/eliminazione è necessario reintrodurre l’alimento/i al quale si era intolleranti in maniera intervallata e in dosi progressivamente crescenti, allo scopo di riconoscere la soglia di tolleranza specifica di ciascun paziente che, se superata, potrebbe portare nel tempo alla ricomparsa della sintomalogia.