Pubblicato in: Gio, Nov 12th, 2015

LA CHIESA DI LECCE IN FESTA NELLA CASA DELLA COMUNIONE

Nell’Anniversario della Dedicazione della Chiesa Cattedrale il 6 Novembre scorso…

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LA LETTERA PASTORALE: UNA CHIESA CAPACE DI ‘SPORCARSI LE MANI’ 

Dopo avere letto la lettera dell’Arcivescovo, eco per la nostra chiesa diocesana, della bolla di indizione dell’anno Santo della misericordia: “Misericordiae vultus” di Papa Francesco, non si può non dire grazie al Signore per aver messo nel cuore del Papa, capace di leggere la Chiesa e il mondo con la semplicità imbarazzante dei piccoli del Vangelo, il bisogno di rivisitare il cuore del cristianesimo e di ogni cristiano; riandare all’acqua della sorgente che è il cuore di Cristo Crocifisso, dissetarsi e offrirla a chi è vicino, perché condivide la fede e a chi, non è riuscito fino ad ora a comprendere il segreto della gioia e della felicità, che è in quel cuore, in quegli occhi, in quelle mani, in quei piedi che contempliamo nel buon Pastore, nel buon Samarita­no, nel Cristo crocifisso; in quel pezzo di pane, segno di un dono di vita per tutti, nonostante peccati, miserie, fragilità, incapacità di ve­dere Dio che passa e bussa. L’Arcivescovo scrive che la misericordia: “è lo spazio fatto in sé alla vita dell’altro, spazio di comunione profonda di con-sentire, di com-patire, con-gioire… La misericordia è la più radicale protesta contro l’indifferenza, l’egoismo, l’esclusione, il rifiuto dell’altro” (n.8). Per questo la miseri­cordia ha un cuore e un volto: Gesù Cristo.

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Il Papa, citato dal Vescovo, afferma: “La credibilità della Chiesa passa attra­verso la strada dell’amore misericordioso e compassionevo­le” (Mv,10). La misericordia è il volto bello della Chiesa e di ogni suo figlio, perché emana la luce di Cristo “il più bello tra i figli dell’uomo”. Lì dove c’è la bruttura del disordine interiore, della chiusura in sè, dell’egoismo, del peccato, c’è tristezza, buio e quel mondo creato da Dio bello, si trasforma in selvaggio, dove le relazioni cedono il passo all’ingiustizia, all’indifferenza, all’odio, alla distruzione della persona e l’uomo, creato per la comunione e la bellezza, smarrisce la sua vocazione diventando facitore di ingiustizie, di legali­smo, di brutture. Gesù, il più bello tra i figli dell’uomo, è venuto e viene per ridare splendore a ciò che uscito dal cuore di Dio; per ridare all’uomo la sua vera immagine. Il Dio nel quale il cristiano crede è stato presentato da Cristo come Dio simpatico nel senso vero del termine, cioè con-sofferente, con buona pace di Nietzsche che scriveva, come cita l’Arci­vescovo nella sua lettera: “nulla è più malsano, in mezzo alla nostra malsana umanità, della compassione cristiana” (n 7). L’osservanza della legge non è sufficiente per essere nella luce: è necessario un atto di misericordia di Dio che Gesù continua a operare nella storia degli uomini: è venuto per questo! Finché non si accoglie Cristo in questa sua origina­lità, non si conoscerà mai Dio se non per concetti e molto da lontano.

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Il cristiano è portatore di questa originalità perché è un perdonato nel profondo, e sente conseguenzialmente con onore e impegno l’appartenenza alla comunità dei disce­poli; annuncia ciò che il Signore ha fatto perché anche altri gustino la gioia del perdono e partecipino alla festa continua della misericordia di Dio che è l’Eucaristia: banchetto non dei bravi, ma dei convertiti; non di coloro che non peccano, ma dei perdonati; non dei perfetti, ma di coloro che hanno vissuto la miseria e si sono incontrati con la Misericordia che chiama, vede, cerca, cura, porta su di sé le nostre mancanze e invita alla mensa della fraternità, della gioia ritrovata: “c’è più gioia per un solo peccatore perdonato”. La grandezza  del cuore di Cristo vince la durezza dell’autosufficienza por­tando al desiderio di vita nuova, alla sequela e all’annuncio. L’Arcivescovo ci invita ad allenarci alla misericordia che: “non è una semplice parola consolatoria di fronte a situa­zioni per le quali non siamo in grado di trovare le risposte attese o dovute. Siamo chiamati come Chiesa come singoli, a fare della misericordia… La scelta coraggiosa della Chiesa, ministra della misericordia del Padre” (n 8). Così la comuni­tà dei discepoli di Cristo diventa la lode continua di peccato­ri convertiti, accolti che accolgono, perdonati che perdonano. Se non c’è il perdono incondizionato, ma la legge, non c’è la Chiesa del Signore; se canone di vita è il giudizio e la sepa­razione tra “bravi” e meno bravi; tra buoni e meno buoni, la Sposa bella del Signore non abita lì. La chiesa è tale quando è capace di “sporcarsi le mani”, di ferirsi condividendo la miseria; quando si coinvolge, accompagna prendendo l’ini­ziativa senza paura precedendo nell’amore, come ha fatto il suo Signore. Solo così possiamo sederci alla tavola della Parola e del Pane eucaristico: banchetto della misericordia, senza scandalizzarci di chi ci sta accanto, senza meriti, ma solo perché amati e perdonati nel profondo. Allora la vita diventa misericordiosa e la misericordia diventa il linguaggio di un dialogo fra i cuori.

Pierino Liquori

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