Pubblicato in: Gio, Ott 29th, 2015

Luminarie Perrotta… La storia guarda avanti

A colloquio con il titolare della secolare Ditta di Squinzano protagonista all’Expo di Milano. 

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“Il futuro immediato ci vede già nel colmo della preparazione e del lavoro per le festività connesse con il Natale… ma è in cantiere un “ritorno” a Milano. è in attivo la collaborazione con un architetto del posto, il quale ha avanzato delle proposte a cui saremo lieti, tra qualche mese, di corrispondere”. 

Ormai il Salento condi­vide la sua arte e le sue tradizioni culturali e di ogni genere con il ter­ritorio nazionale e oltre. Di recente è stato il tur­no di un altro tesoro del­lo scrigno salentino: le luminarie, che da più di un secolo co­stituiscono un ornamento quasi conna­turato alla geografia delle nostre zone. La Ditta Perrotta, di Squinzano, si distingue con questa attività, perché vanta ben quattro generazioni che si sono susseguite alternandosi alla gui­da dell’azienda, portandola avanti con spirito di fiducia nell’eredità dei fon­datori e rinnovandone lo stile conti­nuamente aggiornato ai nuovi metodi e supportato dalle tecnologie. Antonio Perrotta è cotitolare, insieme con il papà Carlo, di questa attività a conduzione familiare e ce ne racconta le origini in un’intervista.

Antonio, Lei rappresenta la quar­ta generazione della ditta Perrot­ta. Vuole ricostruirne la storia?

Certo. Le nostre radici sono ultra­centenarie, in quanto attecchiscono grazie alla straordinaria intraprenden­za del mio bisnonno Vincenzo. Questi nasce come falegname, ma in seguito comincia ad appassionarsi agli addob­bi realizzati attraverso le luminarie. Evidentemente, c’era in lui una vena artistica da non sottovalutare, tanto che é stato capace di trasmetterla ai suoi eredi. Ai tempi del bisnonno, os­sia i primi anni del Novecento, erano in uso le lampade a olio o a carburo, solo in seguito si é passati alle lampa­dine tradizionali, con l’avvento dell’e­nergia elettrica. A Vincenzo succede il nonno Antonio, il quale, inizialmente falegname come il fratello Teobaldo, lascia a quest’ultimo l’arte del legno per dedicarsi decisamente alle lumi­narie. Ora il conduttore dell’azienda è mio papà Carlo, sempre presente, coa­diuvato da me e dalla collaborazione di altri familiari.

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Qual è il procedimento per la co­struzione delle vostre opere d’ar­te?

Anzitutto, occorre dire che nien­te si sarebbe potuto realizzare senza una mano disegnatrice, che di volta in volta si é ripresentata nel Dna di ciascun genitore della nostra famiglia. La paternità attuale dei disegni che si concretizzano nelle composizioni del­le strutture in legno appartiene a mio padre Carlo. Ed ecco come qui la tra­dizione “dei padri” si congiunge per­fettamente con le tecniche moderne, di fatto inevitabili. Papà disegna su un foglio di carta, tracciando degli schizzi di ció che mentalmente intende proget­tare; l’idea del progetto viene comu­nicata a mia moglie, la quale, con un programma particolare al computer, lo perfeziona e lo definisce, anticipando­lo mediante le cosiddette “simulazio­ni”, anche a seconda di ciò che viene richiesto e commissionato da parte dei Comuni o dei Comitati per le feste patronali. A seguire la costruzione dei vari pezzi in legno che compongono le impalcature.

Oltre a servire i comuni del Sa­lento, ultimamente la vostra fir­ma si é letta a Milano, in occasio­ne di un evento importante…

Sì, premetto che il nostro servizio ha come destinatari i comuni del Sa­lento in vario modo, ossia feste patro­nali, centri commerciali, occasioni ed eventi privati ecc., ma ha maturato da decenni una significativa credibilità anche in altre province. L’ultima novi­tà, diciamo “un po’ più a nord”, è stata appunto Milano. È da qualche giorno, infatti, che torniamo da un’esperienza gratificante ed emozionante. Siamo stati invitati, insieme ad altre imprese locali, ad animare un progetto del Gal “Valle della Cupa” intitolato “Bande a Sud”, che, in sintonia con Expo, si impegnava ad esportare in settentrio­ne tutto il bello e il buono del Salento, tradotto in specialità gastronomiche e tradizioni artistiche completamente sconosciute nel nord Italia. Con no­stro enorme stupore, infatti, la gente osservava quasi incantata la costru­zione “in diretta” della “cassa armo­nica”, storico teatro ambulante a cui, ovviamente, il nostro occhio è avvezzo, e proprio alla nostra ditta spettava il compito e la responsabilità di svelarne la spettacolarità per altri sguardi am­mirati!

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Quali sono i vostri programmi per il futuro?

Il futuro immediato ci vede già nel colmo della preparazione e del lavoro per le festività connesse con il Nata­le… ma è in cantiere un “ritorno” a Milano. È in attivo la collaborazione con un architetto del posto, il quale ha avanzato delle proposte a cui saremo lieti, tra qualche mese, di corrisponde­re. Anche questo, ci auguriamo, sarà motivo di crescita per la nostra impre­sa, che stiamo facendo amare anche dai figli più piccoli, per garantirne an­cora la continuità generazionale!

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LA CASSARMONICA 

Storicamente, la cassa armonica rappresenta uno dei tanti ritro­vati del “genio salentino”, messo alla prova anche dalla povertà dei mezzi disponibili al Sud nei secoli scorsi. Infatti, in un’epo­ca in cui il settentrione viveva l’ebbrezza e la magia dei teatri, i nostri antenati costruivano dei veri e propri teatri ambulanti dotati di “amplificazione”.

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Aveva­no, ed hanno tuttora, una forma cilindrica di un diametro tale da ospitare un’intera banda musi­cale, che solitamente si esibiva salendo su questo suggestivo palcoscenico, aperto tutto intor­no per consentire la visibilità al pubblico da qualsiasi punto di osservazione. Sormontata da una cupola in rame, che ricorda la cavità sonora degli strumenti musicali, la cassa armonica si rivela in grado, fino ad oggi, di contenere e di amplificare i suoni sostituendo le moderne apparec­chiature e i microfoni.

Angela De Venere

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