Nullità Matrimoniale… Certezza giuridica e pace interiore
La Riforma del Processo/Un valido contributo alla riduzione delle distanze tra i fedeli e il Vescovo Diocesano.
Il ministero di verità e giudizio affidato da Cristo ai Vescovi costituisce una delle risposte autenticamente “pastorali” con cui viene tutelato lo “ius nubendi”.
La prassi e le interpretazioni autentiche contribuiranno a chiarire aspetti poco lineari della nuova disciplina.
Il prossimo 8 dicembre entrerà in vigore il Motu Proprio “Mitis iudex” di Papa Francesco che innova e riforma il processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio. Accanto alle innovazioni processuali pur rilevanti e alle quali tra breve accenneremo, occorre evidenziare la “mens” del Supremo Legislatore che, a seguito delle indicazioni fornite dal Sinodo Straordinario sulla famiglia del 2014, ha innovato il principio giuridico finora portante nell’Ordinamento Canonico secondo il quale le sentenze in materia di “stato di vita” delle persone, andando ad incidere su una condizione fondamentale dei battezzati, per essere definitive ed esecutive necessitavano di una doppia decisione conforme. Tale garanzia è stata assicurata a tutti i fedeli che hanno adito a i Tribunali Ecclesiastici a prezzo però di notevoli lungaggini che, a parere dei Padri Sinodali, spesso hanno scoraggiato il ricorso al giudizio in merito alla validità del proprio vincolo matrimoniale. Ci pare, dunque, che la principale novità che sarà apportata dall’entrata in vigore della nuova normativa riguarderà innanzitutto la riduzione dei tempi necessari per l’ottenimento della sentenza esecutiva con cui la Chiesa dichiara la nullità matrimoniale e la conseguente possibilità di accedere a nuove nozze. Come insegnato dal prof. M. J. Arroba Conde, Decano della Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Lateranense, il ministero di verità e giudizio affidato da Cristo ai Vescovi quali Successori degli Apostoli costituisce una delle risposte autenticamente “pastorali” con cui viene tutelato lo “ius nubendi”, quale diritto fondamentale della persona, non solo senza ledere ma addirittura promuovendo l’inderogabile principio di diritto divino dell’indissolubilità del matrimonio. Il nuovo processo canonico riguarda ovviamente la Chiesa Universale interessando aree geografiche e sociali molto diverse e lontane dall’Italia (il Santo Padre ha contestualmente emanato analoga riforma del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali), nelle quali risulta gravoso non solo il tempo del processo ma persino poter ricorrere al competente Tribunale Ecclesiastico. La riforma mira ad abbreviare non solo la durata del processo canonico ma anche per così dire le distanze fisiche e geografiche tra i fedeli ed il giudice proprio che resta sempre e comunque il Vescovo Diocesano. Viene pertanto così modificato il can. 1673: Il Santo Padre ci aiuta a comprendere la portata ed il significato di una ulteriore fondamentale innovazione apportata al processo matrimoniale canonico, quella del cd. processo più breve dinanzi al Vescovo diocesano.
Scrive il Papa nel citato Motu Proprio (vedi riquadro): Tra le circostanze che possono consentire la trattazione della causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo più breve secondo i cann. 1683-1687, si annoverano per esempio: quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso o l’errore che determina la volontà, la brevità della convivenza coniugale, l’aborto procurato per impedire la procreazione, l’ostinata permanenza in una relazione extraconiugale al tempo delle nozze o in un tempo immediatamente successivo, l’occultamento doloso della sterilità o di una grave malattia contagiosa o di figli nati da una precedente relazione o di una carcerazione, la causa del matrimonio del tutto estranea alla vita coniugale o consistente nella gravidanza imprevista della donna, la violenza fisica inferta per estorcere il consenso, la mancanza di uso di ragione comprovata da documenti medici, etc. (cfr. art. 14). Alcuni autorevoli giuristi hanno rilevato che la non tassatività delle circostanze che nel Motu Proprio vengono elencate solo “ad exemplum” potrebbe intaccare la certezza giuridico-processuale consentendo di adottare discrezionalmente il cd. pro cesso breve in qualsivoglia situazione: siamo certi che la prassi e le interpretazioni autentiche contribuiranno ben presto a chiarire aspetti tecnicamente poco lineari della nuova disciplina. In conclusione possiamo affermare che la riforma del processo matrimoniale canonico, lungi dal poter essere considerata una sorta di “divorzio cattolico” come alcuni isolati organi di stampa hanno paventato, contribuirà ad abbreviare i tempi di durata dei processi e le distanze tra i fedeli ed il giudice proprio cioè il Vescovo Diocesano. L’unità e l’indissolubilità del matrimonio e l’intero istituto familiare saranno corroborati dal ministero di verità che i Vescovi ed i giudici competenti potranno esercitare con maggiore incisività e tempestività restituendo in tal modo certezza giuridica e pace interiore ai nostri fedeli che temono di aver celebrato un matrimonio non autentico e non valido agli occhi di Dio e della Chiesa.