Pubblicato in: Ven, Nov 13th, 2015

Essere Genitori…

Intervista/Il Prof. Paparella interviene sulle difficoltà che incontrano nella crescita i figli di genitori separati. 

RENDERE SEMPRE PRESENTE CHI NON C’È. UN’IMPRESA 

“Il bambino si accorge della tensione che c’è fra i genitori anche quando questi la mascherano. Se poi diventano tanto sconsiderati da litigare in presenza del bambino, le conseguenze possono essere davvero gravi”. 

paparella

“Quello che conta, per il bambino è scoprire che fra i due non c’è rancore. Una storia è finita (e già questo non è facile da accettare); ma quella storia non viene rinnegata”. 

Vengono frequen­temente segna­late speciali dif­ficoltà da parte di bambini di genitori separa­ti e giungono in redazione richieste di suggeri­menti. Ne abbiamo parlato con il prof. Nicola Paparella che da molti anni si occupa di educazione dell’infanzia.

Professore, che cosa si deve fare per evitare che i figli dei genitori separati avvertano disagi e soffe­renze che poi rendono dif­ficile anche l’azione educa­tiva?

Spesso la separazione si accompagna ad un clima di ris­sosità che non giova a nessuno; nemmeno a coloro che si avvia­no alla separazione, figuriamo­ci ai bambini. La questione più delicata è data dal fatto che il bambino costruisce la sua iden­tità a partire dalla percezione dei genitori. Se i due genitori si scambiano accuse e veleni, ne deriva – agli occhi del bambino – un graduale processo di svalu­tazione dell’immagine dell’uno e dell’altro, con tutta una serie di intuibili conseguenze. Questo vale, ovviamente, anche per i genitori che non si separano: scambiarsi insulti e messaggi denigratori, è quanto di più im­provvido ci possa essere. Né vale tentare di metterci la toppa con l’attivazione di manovre sedut­tive (da parte ora dell’uno, ora dell’altro), perché anzi, ne pos­sono derivare danni ancora più gravi.

Insomma non si deve liti­gare davanti ai bambini?

Il bambino si accorge della tensione che c’è fra i genitori an­che quando questi la maschera­no. Se poi diventano tanto scon­siderati dal litigare in presenza del bambino, le conseguenze possono essere davvero gravi.

E una volta che la separa­zione è già intervenuta?

È inutile tentare spiegazioni troppo complicate; anzi, i mes­saggi confusi implementano l’alone del dubbio e dell’an­goscia. Meglio parlare chiaro, in maniera semplice e spiegare che l’intesa fra i due non c’è più; ma che l’uno e l’altro ricor­dano con piacere la loro storia d’amore e credono che sia stato bello e importante vivere insie­me e accompagnare la crescita del loro figliolo. Bastano poche parole. Ricordandosi, però, che i discorsi più eloquenti si fanno con i comportamenti e non con le parole.

Boy holding his hands like scale choosing between his parents

In che senso?

Quello che sto per dirle è fa­cilissimo, da dire. Ma è difficile da fare. Ciascuno dei due geni­tori deve rendere presente colui che non c’è. Renderlo presente in un alone positivo. Quello che conta, per il bambino è scoprire che fra i due non c’è rancore. Una storia è finita (e già questo non è facile da accettare); ma quella storia non viene rinne­gata.

E quando c’è un altro geni­tore? Per esempio, la mam­ma si è separata ed ora convive con un altro signo­re che si presenta come nuovo papà. Va bene così?

La cosa migliore è sempre la verità. Sempre e in ogni caso. Al più si può dire, soprattutto se la separazione è avvenuta quando il bambino era ancora molto piccolo, che il bambino ha avuto due papà: papà Antonio quan­do era piccolo e papà Pasquale quando è diventato più grande. Papà Antonio lo ha fatto nasce­re e papà Pasquale gli insegna a diventare grande. Se però l’età lo consente, si può anche prefe­rire un rapporto più disinvolto, motivo per cui il nuovo compa­gno della mamma verrà chia­mato con il suo nome e senza la finzione di chiamarlo papà, che può determinare dei contrac­colpi psicologici. In ogni caso, nel dubbio, ricordarsi che la via migliore è quella che si accom­pagna alla corretta percezione dei fatti, evitando però di com­mentarli con tinte oscure, con maldicenze, con forme di de­nigrazione che agiscono come boomerang.

Non capisco, perché dovreb­bero agire come boomerang?

Le faccio un esempio. Se la coppia formata da Maria e Gennaro non trova di meglio che esercitarsi nel continuo scambio di accuse e di epiteti irripetibili, vi sembra davvero impossibile che qualcuno possa chiedere a Maria come abbia fatto a incontrare e a scegliere una persona tanto abominevo­le come il suo Gennaro? E non può anche accadere che qual­cuno possa chiedere a Gennaro come abbia fatto a sposare una persona tanto perversa come la sua Maria? Ecco, questo il bambino lo pensa, anche se non lo dice; anzi, lo crede, anche quando sembra dire tutt’altro. E questo non giova alla costruzio­ne dell’identità del bambino né giova alla gestione dei rapporti intra familiari. 

Il prof. Nicola Paparella è disponibile a rispondere alle domande che i lettori vorranno porgli.

nicola@studipaparella.it

loradelsalento@gmail.com

 A cura di Sonia Marulli

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