Pubblicato in: Gio, Set 25th, 2014

Fondazione Bertelsmann/Giustizia sociale. Restituire e ridistribuire i segreti per ripartire

Padre Mario Marafioti/”La politica deve fare la sua parte, ma sono chiamate in causa: la persona con i suoi itinerari di crescita e maturazione, la coppia, la famiglia, la società, la cultura, la religione…”. 

“VERSO CHI HA DA MANGIARE SI PROTENDONO MILLE MANI VUOTE CHE IMPLORANO ELEMOSINE” 

“La giustizia ha fatto naufragio nel mare delle disuguaglianze, dei privilegi di casta e delle pretese di corporazione, di superstipendi, superpensioni, superconsulenze semplicemente scandalose”.

“Alla ricerca di un nuovo “vocabolario” che permetta di chiamare “male” il male e “bene” il bene; di risvegliare la coscienza; di far risuonare la profezia sui passi della quotidianità, di organizzare la speranza”.

Povertà, istruzione, giustizia tra le generazioni, occupa­zione, salute, coesione so­ciale e non discriminazio­ne: sono le aree tematiche che compongono il senso di giustizia sociale secondo la multinazionale tedesca Bertelsmann. In Italia, dice la Fondazione, aumenta la povertà, la disoccupazione e il divario della giustizia tra le generazioni, vale a dire che i giovani risultano essere più svantaggiati economicamente rispet­to alle altre classi di età e le previsioni per il futuro non lasciano ben sperare in un cambiamento. Tuttavia, qualche segno positivo c’è.

Marafioti

Dai dati emersi dalla ricerca Bertelsmann risulta un basso legame tra ceto sociale di ap­partenenza e successo accademico per cui l’Italia risulterebbe un Paese più meritocratico di altri e che garan­tisce le pari opportunità. Un altro dato positivo è quello della non discrimi­nazione per cui ci meritiamo l’ap­pellativo di Nazione tra le più aperte alle altre culture ed alla diversità in generale. Prendendo spunto dalla ri­cerca della Bertelsmann, abbiamo voluto approfondire l’argomento sul­la giustizia sociale con Padre Mario Marafioti, fondatore della Comunità Emmanuel, che ci ha espresso il suo pensiero al riguardo, soffermandosi in particolare sulla situazione nel ter­ritorio Salentino.

Padre Mario, lei crede nella rea­lizzazione della giustizia sociale?

Non credo “nella” giustizia uma­na, ma credo “la” giustizia umana come vocazione dell’uomo. L’uomo non si mostra capace di giustizia in profondità e continuità! Tra l’altro, confonde spesso la giustizia con la legalità! E anche la legalità, che pure è necessaria e indispensabile per vi­vere insieme nella società, è spesso carente, sia in se stessa, sia nelle sue applicazioni. Credo nella giustizia come vocazione dell’uomo-persona ad aprirsi alla verità e ai valori della vita, e dell’uomo-comunità a vivere in apertura, relazione, comunica­zione, collaborazione, comunione, costruendo la convivenza civile e svi­luppando l’azione rivolta a custodire, trasformare, umanizzare il mondo! Il che richiede persone, diritti e doveri, coscienza e cuore, libertà e respon­sabilità, legalità e socialità, eticità e “spiritualità” almeno laica! Di questi valori fa parte la giustizia sociale, che sarà realizzata tanto quanto la si con­cepisce come vocazione (parte viva e costitutiva della vocazione alla vita e a tutti i suoi valori), come compito, come missione, di ciascuno e di tut­ti; e si accettano, mettendoli in atto, itinerari di consapevolezza, formazio­ne, cittadinanza, passione per il bene comune.

Secondo il suo punto di vista, quali sono le urgenze della giusti­zia sociale per il nostro territorio (Puglia e Salento in particolare) che è necessario analizzare per prime?

Si potrebbe fare un lungo elen­co; preferisco fermarmi ai livelli più elementari: mangiare e abitare! Ver­so tutti noi che abbiamo da mangiare si protendono mille mani vuote, che implorano elemosine! Se avessimo il senso della giustizia sociale, non pas­seremmo oltre quelle mani; cercherem­mo anzitutto con le nostre mani un sol­do da deporre nella mano implorante! E ci sentiremmo, prima che benefatto­ri, beneficati, aiutati dai poveri a dare un senso alla nostra vita, a ristabili­re la giustizia sociale “restituendo” il suo a chi l’ha perso dentro il caos umano: la giustizia ha fatto naufragio nel mare delle disuguaglianze, degli arricchimenti e impoverimenti ingiu­sti, delle sperequazioni e delle “rapi­ne” illegali o “legali”, dei possessi e degli accumuli, dei privilegi di casta e delle pretese di clan o di corporazione, di superstipendi, superpensioni, super­consulenze semplicemente scandalose! Sentiremmo almeno il bisogno di “re­stituire” qualcosa a quella mano tesa e implorante! In più cercheremmo di suscitare anche negli altri sensibili­tà, attenzione, risposte concrete; e ci assoceremmo a tanti uomini di buona volontà muovendoci insieme verso la solidarietà, partendo dalla giustizia e dalla restituzione.

Occorrerebbe una totale inversio­ne di marcia…

Sul piano ecclesiale potenzieremmo tutte le “Caritas” nella loro risposta a tanti bisogni di tanti poveri in tanti luo­ghi. Sul piano civile e amministrativo ci daremmo da fare per unire i Comuni di uno stesso territorio e creare, in rete con i banchi alimentari e le iniziative solidali locali, regionali, nazionali e internazionali, un “Emporio Solidale” per ogni territorio! Lavorando a livello più profondo e più ampio, apriremmo servizi di accoglienza e ascolto per le persone, le coppie, le famiglie, i giova­ni, i disoccupati, gli immigrati; stimo­leremmo la ricerca di lavoro in giovani e adulti; creeremmo percorsi formativi, canali di conoscenza e scambio, ini­ziative ed esperienze lavorative (anche piccole…)! E vinceremmo l’intollera­bile (o un aspetto dell’“intollerabile”): che uno soffra la fame accanto a me che mangio! È ingiusto! Si può, si deve fare giustizia! Almeno avvertirne l’appello e cominciare a rispondere alle voci che chiamano, organizzan­dosi a livelli coordinati e crescenti: individuale, volontario e associativo, comunale, provinciale, regionale, na­zionale! Lo stesso vale per l’“abitare”, che richiede anzi maggiormente un’i­niziativa di giustizia sociale, una “politica della casa”. Ogni Comune, più Comuni insieme, possono, devono elaborare un “piano casa” partendo da sé e operando a livello provincia­le e regionale, per costruire alloggi semplici, popolari, essenziali, dove un senza tetto, un impoverito, un immi­grato, una coppia o famiglia raggiunta da crisi anche economiche, trovino ri­paro! Un atto di giustizia sociale che correggerebbe o cancellerebbe un’al­tra ingiustizia intollerabile: che, cioè, mentre io dormo protetto e assicurato, un altro muoia di freddo, solitudine, emarginazione, abbandono, esclusio­ne, indifferenza,“cattiveria” umana!

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